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E sì, il viaggio in Francia continua! Che si tratti di visite virtuali, letture, attività creative o ricette, la Francia è alla tua finestra per stimolare la tua curiosità, la tua voglia di conoscere e esplorare, ispirarti e farti divertire… In attesa di darti il benvenuto quando sarà di nuovo possibile.

Parigi e i suoi musei: un’esperienza inedita con le visite virtuali

Il Museo del Louvre, il Sacro Cuore, la Sainte-Chapelle e il Grand Palais a portata di… schermo! Alcuni dei più bei luoghi di Parigi si possono scoprire ancor prima di partire.

1. La Basilica del Sacro Cuore di Montmartre

Vero emblema della Butte Montmartre, la famosa Basilica del Sacro Cuore è riconoscibile nelle immagini di Parigi grazie allo splendore delle sue cupole bianche, ancora più lucenti nelle visite virtuali! Dall’interno all’esterno, e anche in quota, la scoperta è completa e accompagnata da un’atmosfera sonora.

Inizia la visita della Basilica del Sacro Cuore di Montmartre (Link esterno)

2. Le Palais Garnier – L’Opéra di Parigi

È senza dubbio uno degli edifici più sontuosi di Parigi e può essere visitato grazie a 4 tour virtuali di qualità. Si passeggia tra spazi non sempre aperti al pubblico, dove visitatori sono guidati ad esplorare il teatro dell’Opéra, la sua biblioteca ma anche il suo tetto che offre una vista panoramica della città e, infine, il suo misterioso lago sotterraneo!

Inizia la visita del Palais Garnier (Link esterno)

3. Il Museo del Louvre

Il più famoso dei musei parigini è accessibile direttamente dal tuo schermo! Dalla collezione sull’antico Egitto alla Galerie d’Appolon, una parte delle opere custodite dal Louvre può essere esplorata da remoto durante grazie a 3 tour didattici virtuali per scoprire una piccola parte dei suoi tesori.

Inizia la visita del Museo del Louvre (Link esterno)

4. Le Grand Palais

Ospita fiere, mostre, fiere, eventi sportivi e persino una pista di pattinaggio a Natale, il Grand Palais è un must nella vita parigina! Incoronato da un gigantesco tetto di vetro, unico nel suo genere. Di solito affollato di gente, è una visita inedita quella che lo vede completamente vuoto, per una totale immersione nel suo stile Beaux-Arts.

Inizia la visita del Grand Palais (Link esterno)

5. La Tour Eiffel

Il monumento più famoso di Parigi può essere visitato anche al riparo dal vento e dalle vertigini! Fornendo un assaggio dell’ascesa della Dama di Ferro, questa visita virtuale offre al visitatore una delle più belle vedute della capitale.

Inizia la visita della Tour Eiffel (Link esterno)

6. La Monnaie di Parigi

La Monnaie di Parigi è la Zecca nazionale della Francia, si tratta della più antica istituzione francese. La visita offre una passeggiata virtuale attraverso i suoi maestosi saloni. Potrai ammirare gli ornamenti e l’architettura delldell’Hôtel de la Monnaie, sia dall’interno sia dall’esterno. Una magia!

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7. Il Museo di Arti Decorative

L’interno Museo delle Arti Decorative toglie il fiato! Te lo sveliamo a distanza, attraverso un tour virtuale completo, condotto tra i diversi spazi dell’edificio: dallo stile di Louis-Philippe, Lanvin e Le Corbusier, incluse anche le creazioni di gioielli. Un patrimonio ricco e meraviglioso. Non resta che lasciarti trasportare dalla bellezza del museo.

Inizia la visita del Museo di Arti Decorative (Link esterno)

8. Il Musée de l’Orangerie

Ospita alcune delle opere più importanti della storia dell’arte francese, tra cui Le ninfee di Claude Monet: conservate in due sale ovali, sono interamente dedicate solo a queste opere magistrali. Il tour virtuale offerto dal museo consente un vero tuffo nel cuore delle sfumature impressioniste al fine di scoprire le sottigliezze di questa corrente.

Inizia la visita del Musée de l’Orangerie (Link esterno)

9. La Sainte-Chapelle

Un vero gioiello situato sull’Île de la Cité, la Sainte-Chapelle colpisce per la bellezza delle sue vetrate. Luminosa e magistrale, può essere scoperta anche online, non rimarrai deluso da tanta bellezza e dalle straordinarie 15 vetrate.

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10. Musée de la Musique – Philharmonie

Fai un giro del mondo e della storia attraverso una finestra sulla musica, ecco cosa offre il famoso Museo della Musica di Parigi! Con un’impressionante collezione di strumenti, questo museo di invita a viaggiare a ritmo di musica.

Inizia la visita del Musée de la Musique – Philharmonie (Link esterno)

Fonte: Atout France in Italia –  Agenzia per lo sviluppo del Turismo Francese

SUBLIME COMPORTA, VIAGGIARE NELLA CASA DI MAGELLANO E RILASSARSI SULLE MIGLIORI SPIAGGE DEL PORTOGALLO

Immerso nella lussureggiante e verde campagna portoghese, il villaggio di Comportais si trova a solo un’ora e quindici minuti di auto da Lisbona. Il villaggio tradizionale è composto da risaie, vigneti, pinete e una spiaggia incontaminata lunga 40 km. La regione rimane una delle principali attrazioni del Portogallo.

Il gioiello della regione, tuttavia, è Sublime Comporta, un rifugio che unisce lo splendido ambiente locale a un’esperienza profonda, quasi ultraterrena. Sublime Comporta è un luogo semplice, dove si può sperimentare uno stile di vita tradizionale, pur godendo delle comodità e dell’eleganza della vita moderna.

Una destinazione esclusiva, Sublime Comporta ha un totale di 14 suite, cinque delle quali si trovano nell’edificio principale, mentre le altre nove in una struttura separata nelle vicinanze. Tutte le camere sono a piano aperto, ben illuminate e abbastanza grandi, con ampie finestre e con una splendida vista sulla campagna circostante. La semplice palette di colori bianco-grigio crea un’atmosfera confortevole che contribuirà notevolmente al relax.

SPERIMENTA LA CUCINA PORTOGHESE TRADIZIONALE

Il menu del ristorante combina una presentazione contemporanea con sapori vecchio stile. Ogni sera, gli chef di Sublime Comporta preparano diversi piatti con ingredienti completamente naturali e non trasformati, come il pesce appena pescato dall’Atlantico o le verdure biologiche coltivate nei giardini di Sublime Comporta.

Molti degli altri ingredienti sono anche coltivati localmente, dal riso bianco coltivato nelle piantagioni locali ai vigneti che vantano una lunga tradizione. Il vino è sempre conservato alla temperatura perfetta per il consumo. La cantina ha una vasta selezione, dalle annate portoghesi locali ai più tradizionali champagne francesi.

Il pranzo viene servito sul balcone o all’interno del ristorante, secondo le preferenze del cliente. Il ristorante è aperto anche agli ospiti esterni.

Il bar è aperto tutti i giorni fino a tarda notte. Sono disponibili una vasta gamma di gin tonic, cocktail e quello speciale della casa che è fatto con spumante e succo di guava.

IMPARA COSA SIGNIFICA REALMENTE “FIESTA”

Potresti aver già sentito parlare di questo termine molto spesso nelle regioni latine, ma capirai davvero il termine dopo un pomeriggio rilassante in una delle terme e delle piscine al coperto di Sublime Comporta.

Se preferisci il cielo aperto, le incontaminate spiagge bianche dell’Atlantico sono solo a una breve passeggiata a est del complesso. Passeggiando lungo le passerelle di legno, oziando sotto gli ombrelloni di palma allo scintillio dell’Atlantico, si comprende che sarebbe difficile trovare un posto più tranquillo.

Fonte: xoprivate.com

L’Egitto è noto soprattutto per le Grandi Piramidi di Giza o per i resort di lusso sul Mediterraneo e sul Mar Rosso. Spesso trascurato è uno dei paesaggi più spettacolari del Paese, il White Desert National Park.

Il protettorato nella depressione di Farafra nell’Egitto occidentale racchiude tesori insospettabili. Le persone che visitano queste strane terre hanno spesso avuto la sensazione di visitare un altro pianeta, nonostante si trovassero a sole cinque ore di auto da Il Cairo. I viaggi nel deserto occidentale dell’Egitto hanno guadagnato popolarità tra gente del posto e tra i turisti. Le attività spaziano dal dune-bashing e sand boarding alla mountain bike e kayak da praticare nella vicina oasi Bahariya.

“Il Deserto Bianco è così diverso da qualsiasi altro posto sul pianeta”, ha detto a CNN Travel Ziad Omran, “Una volta che i turisti sperimentano viaggi avventurosi lì, finiscono per tornarci di nuovo con i loro amici”.

Il viaggio verso il Deserto Bianco di solito inizia con una sosta in un altro paesaggio assolutamente contrastante: il Deserto Nero.

Questo deserto presenta una miriade di catene montuose uniche. Ognuna ha uno strato di pietre nere eruttate dai vulcani milioni di anni fa, che danno al paesaggio sabbioso il suo nome. Dopo aver camminato su una delle vette, diventa chiaro che questa zona è priva di qualsiasi segno di vita a parte una singola strada che si estende in lontananza. Tuttavia, questa non è la strada che conduce al Deserto Bianco. Per raggiungere il parco nazionale è necessario sgonfiare le gomme di un Land Cruiser 4×4 e affrontare le dune del deserto con angoli vertiginosi. Zigzagare e correre lungo le dune ondulate è un’esperienza da brividi che alla fine lascia il posto alla vista mozzafiato sul Deserto Bianco. Appena arrivati, sorgono immediatamente interrogativi sulle sue misteriose origini, poiché la sua particolare bellezza fornisce un’evidenza che il nostro pianeta è soggetto a potenti cambiamenti climatici.

È assolutamente incredibile credere che questo fosse un tempo un mare o un oceano e che l’unica prova rimasta sia una raccolta di rocce calcaree calcificate scolpite nel tempo da sabbia e vento. Queste forme astratte gessose sembrano cambiare il loro colore a seconda dell’ora del giorno, passando dal bianco brillante al cremoso, per poi raggiungere un marrone dorato.

Quando cala l’oscurità

Incastonata tra imponenti formazioni rocciose nella valle di Agabat c’è una morbida collina sabbiosa perfetta per praticare il sand boarding. Più difficile da gestire e più lento rispetto alla discesa su una montagna innevata, il sand boarding offre sempre un brivido di emozione, ma non ci sono impianti di risalita nel deserto e arrampicarsi su una ripida collina sabbiosa è estenuante.

Mentre il sole tramonta, il deserto ricorda a tutti che questa è una terra di estremi e ogni ora dopo il tramonto richiede di aggiungere qualche strato aggiuntivo di calore. Dopo aver allestito il campo, i beduini locali preparano per i visitatori un’autentica cena tradizionale a fuoco vivo. L’aroma esotico della festa attira spesso l’attenzione di uno dei rari residenti del Deserto Bianco: la volpe fennec, nota anche come volpe di sabbia. Questi animali adorabili e innocui sono difficili da individuare e appaiono come ombre in lontananza. Spesso si avvicinano ai campeggi perché sono abituati a contare sugli avanzi dei visitatori come parte della loro dieta.

A causa della profondità del paesaggio e dell’assenza di inquinamento luminoso in ogni direzione, le stelle brillano ovunque nel cielo notturno. Questo meraviglioso sito è senza dubbio uno dei migliori ambienti del pianeta per osservare la Via Lattea in tutto il suo splendore.

Quando appare la Luna, la sua luce brillante si riflette sulle superfici rocciose regalando un bagliore bluastro che illumina il parco nazionale e invita a vagare di notte attraverso il suo terreno ultraterreno. Gli esploratori notturni devono essere cauti e portare una torcia in quanto è facile perdersi o inciampare nella sconnessa topografia aliena.

Al mattino, il sole che sorge sveglia anche chi ha il sonno più pesante. Prima di smontare il campo, vale la pena di fare un’escursione ad una delle sculture preziose del parco ben conosciute, grazie la sua forma, come il Pollo e il Fungo.

Dopo aver lasciato il parco, la maggior parte degli avventurieri si trova di nuovo a poco più di un’ora di distanza dall’Oasi di Bahariya.

Un’attrazione popolare nella zona è la scalata in cima alla Montagna Inglese, così chiamata per le rovine di un avamposto britannico della Prima Guerra Mondiale che incorona la sua vetta più alta. Raggiungere la cima offre una vista spettacolare a 360 gradi che domina l’intera oasi, comprese le lussureggianti foreste di deliziosi datteri e ulivi. Offre anche un giro impegnativo per gli appassionati di mountain bike. Pedalare lungo i suoi tortuosi sentieri disseminati di rocce frastagliate e chiazze sabbiose non è per i deboli di cuore, ma offre, a coloro che hanno esperienza, una pista esaltante.

Il fondo della montagna conduce nel lago salato incontaminato di Bahariya. Incredibilmente, non c’è sviluppo intorno alle sue coste, rendendo il terapeutico e calmo lago un posto eccellente, soprattutto per i kayakisti, per ammirare un tramonto maestoso.

“La mia parte preferita del viaggio è stata praticare il kayak con i raggi dorati che rimbalzavano sull’acqua. È stato un momento di pura meraviglia”, racconta Noreen Fadel che ha condiviso l’esperienza con la CNN Travel.

Tutti questi luoghi e attività sono adatti ad un viaggio di due o tre giorni. Quanto più lungo è il soggiorno, tanto più tempo ci sarà per esplorare la zona circostante in quanto vi sono numerose attrazioni della regione che meritano attenzione.

Potrebbero volerci anni o decenni prima che viaggiare sulla superficie della Luna sia possibile. Tuttavia, per coloro che non possono aspettare fino ad allora, il White Desert National Park potrebbe essere la prossima migliore opportunità per vivere il sogno di campeggiare sulla Luna.

Fonte: edition.cnn.com

Una preziosa testimonianza della grandezza del Nuovo Regno Egizio

Il Grande tempio di Amon – Karnak e il Tempio di Luxor spiccano nel maestoso complesso templare di Karnak. Uno dei siti tra i più solenni e celebrati del Paese. A partire dalla XII dinastia, illustri faraoni contribuirono alla costruzione del complesso monumentale nell’arco di 1600 anni, valorizzandolo e lasciando ciascuno un’indelebile traccia della sua magnificenza.

Il Grande tempio di Karnak è consacrato alla triade divina del dio Amon, della sposa Mut e del figlio Khonsu.

Un susseguirsi di imponenti piloni, obelischi, statue, cortili e vestiboli conducono al santuario, il cuore spirituale del tempio, con il Naos che ospitava la statua del dio Amon e la barca sacra, usata per condurre la divinità in processione lungo le acque del Nilo.

Grande tempio di Karnak – sala ipostila

Su tutto, spicca l’iconica sala ipostila dove 134 eleganti colonne, con capitelli a forma di papiro, svettano fitte verso il cielo e sorreggono una parziale copertura costituita da enormi lastre monolitiche. Possenti colonne decorate con inscrizioni e rilievi che enfatizzano la gloria del grande Ramses II, il quale ne completò la costruzione iniziata dal padre Seti I.

Vicino al lago sacro, si trova la statua dello scarabeo Khepri, che rappresenta il Sole nel momento in cui sorge, simbolo di rinascita dall’aldilà. Considerato sacro, ancora oggi viene rispettata la tradizione di compiere alcuni giri intorno alla statua gigante per ricevere fortuna, amore e fertilità.

Il tempio era collegato a quello di Luxor dal Viale delle Sfingi. Attualmente, una porzione della stupenda opera è presente davanti all’ingresso del Grande Tempio di Amon, dove 40 sfingi in pietra, con la testa di ariete e il corpo di leone, sono poste a guardia eterna dello straordinario luogo di culto egizio.

Grande tempio di Karnak – Viale delle Sfingi

La costruzione del Tempio di Luxor fu iniziata dal faraone Amenhotep III della XVIII dinastia. Diversi sovrani lo ingrandirono e abbellirono, ma fu Ramses II che lo portò a termine arricchendolo con importanti opere architettoniche. A dare il benvenuto, all’ingresso, ci sono due statue del mitico faraone insieme ad un magnifico obelisco in granito, originariamente accoppiato ad un secondo, che ora si trova in Place de la Concorde, a Parigi. 

Dedicato anch’esso al dio Amon, il santuario custodiva la statua divina ed era destinato a ricevere la barca sacra, che portava l’immagine del dio lungo il Nilo, proveniente dal Grande Tempio di Karnak, durante l’annuale festa di Opet.

Il complesso templare di Karnak è l’espressione di un’elevata raffinatezza artistica e ammirandone la sua incredibile bellezza, si colgono il prestigio e il potere dell’Egitto durante il Nuovo Regno.

Tempio di Luxor
Tempio di Luxor – Ramses II
Tempio di Luxor
Grande tempio di Karnak – sala ipostila
Grande tempio di Karnak
Grande tempio di Karnak
Grande tempio di Karnak – Viale delle Sfingi

Foto: Alessandra Fiorillo

Alla fine del Seicento l’imperatore Leopoldo I commissionò all’architetto barocco Johann Bernhard Fischer von Erlach, formatosi a Roma, la costruzione di un castello di caccia imperiale per l’erede al trono, il futuro imperatore Giuseppe I. Al posto della dimora di campagna costruita nel 1642 per l’imperatrice Eleonora di Gonzaga, vedova dell’imperatore, sarebbe sorto nel corso del Settecento un grandioso edificio di rappresentanza. Durante il regno di Maria Teresa alla metà del Settecento il Castello di Schönbrun, residenza imperiale estiva, divenne lo sfarzoso palcoscenico della corte. Sin da quell’epoca il palazzo ha ospitato i più grandi statisti europei, e anche con l’avvento della Repubblica Schönbrunn è rimasto teatro d’incontri politici ai massimi livelli.

“Tutto qui corrisponde alla grandezza della monarca che vi abita. L’edificio è sfarzoso, il mobilio imperiale e di gusto finissimo. (Johann Edler von Kurzböck, 1779)”

Patrimonio culturale dell’umanità dell’UNESCO

Il Castello di Schönbrunn, uno dei più importanti siti culturali dell’Austria, è divenuto dagli anni Sessanta del Novecento una delle maggiori attrazioni di Vienna e attira folle immense di visitatori.

Nel dicembre del 1996, in occasione della XX conferenza del World Heritage Committee, il castello di Schönbrunn è stato dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO. L’iscrizione nella World Heritage List, istituita nel 1972, conferma l’importanza mondiale del castello e dell’intero parco come “opera d’arte totale” del barocco.

A chi appartiene il Castello?

Di proprietà degli Asburgo sin dai tempi di Massimiliano II, alla fine della monarchia nel 1918 il complesso formato dal palazzo e dal parco, un tempo patrimonio imperiale e pertanto appartenente all’erario di corte, divenne di proprietà della Repubblica d’Austria e fino al 1992 fu amministrato dall’ente Schlosshauptmannschaft Schönbrunn.

Nel 1992 è stata fondata la Schloss Schönbrunn Kultur- und BetriebsgesmbH, società con natura di soggetto di diritto privato controllata al 100% dalla Repubblica d’Austria. La missione aziendale consiste nella preservazione, fruizione e finanziamento: i fondi per la conservazione della dotazione storica del palazzo e dei monumenti nel parco, nonché per il risanamento dell’intero complesso formato dal castello e dal parco di Schönbrunn, devono essere realizzati in proprio dall’azienda.

Fonte: schoenbrunn.at/it

La spiaggia di SunriseChao Ley Beach – è un tratto di spiaggia bianca sabbiosa lungo circa 2 chilometri che si dispiega lungo la parte occidentale di Koh Lipe.

Nelle giornate limpide potrete vedere a distanza l’isola di Koh Tarutao e quella di Langkawi in Malesia. Sulla punta settentrionale della Sunrise Beach, di fronte a Koh Adang, c’è una bellissima lingua di sabbia bianca che cambia di posizione in base alla stagione ed ai venti. É una spiaggia che rimane abbastanza riparata delle intemperie durante la stagione dei monsoni e gode di una piacevole brezza marina anche nelle giornate più afose. Qui è possibile godere della vista di alcune delle più sorprendenti albe in tutta la Thailandia; assicuratevi di svegliarvi molto presto in modo da non perdere lo spettacolo che si verifica ogni mattina, è un modo fantastico per iniziare la giornata.

Le acque del mare sono cristalline con abbondanza di vita marina esotica che nuota in ogni direzione: Sunrise è quindi il luogo migliore per fare snorkeling a ridosso della spiaggia. Gli alloggi sono meno accentrati rispetto a quelli di Pattaya Beach e garantiscono una maggiore tranquillità e privacy ai visitatori. Troverete anche una buona scelta di ristoranti e negozi presso la Walking Street.

Nelle vicinanze della spiaggia si trova il villaggio Chao Ley. I primi abitanti che si insediarono a Koh Lipe furono un gruppo di nomadi del mare chiamati Urak Lawoy appartenenti al gruppo entico dei Chao Ley. Vengono anche chiamati “zingari del mare” in quanto viaggiavano da un’isola all’altra alla ricerca di zone ricche di pesce. Ancora oggi molti fra loro si guadagnano da vivere con la pesca ma con l’avvento del turismo alcuni sono riusciti ad aprire un proprio ristorante dove cucinano il pesce fresco. Altri organizzano le escursioni sulle isole. I Chao Ley di Koh Lipe sono animisti, con un forte legame con gli spiriti del mare e posizionano totem sulle spiagge come punto di contatto tra gli spiriti e lo sciamano.

Fonte: turismothailandese.it

Ci sarà presto un nuovo, sorprendete grattacielo a Dubai.

Si chiamerà Wasl Tower, sarà alto 302 metri e verrà aperto nell’agosto 2021, disegnato dallo studio van Berkel. Il nuovo edificio, il cui costo stimato è di 400 milioni di dollari, avrà una forma non lineare ma torta e asimmetrica e soprattutto presenterà la facciata in ceramica più alta del mondo, composta da materiali a base di argilla, con un rivestimento sovrapposto di piastrelle a forma di pinna.

La scelta, oltre che con questioni estetiche, ha a che fare con ragioni di efficienza energetica e comfort, poiché la ceramica, che fornisce ombra dal forte calore di Dubai, riduce la necessità di aria condizionata. Non solo: la ceramica offre anche vantaggi all’esterno dell’edificio, poiché mentre le facciate in vetro riflettono i carichi di calore nell’area circostante, con effetti terribili in termini di temperatura percepita, la pietra ceramica lo assorbe.

Fonte: it.businessinsider.com

Uno dei canyon più spettacolari al mondo.

Situata sul lato orientale delle montagne dell’Alto Atlante in Marocco, le gole del Todra sono un canyon tra i più spettacolari del mondo.

Qui, entrambi i fiumi Todra e Dadès hanno scavato un canyon sul fianco della scogliera nel loro ultimo percorso, lungo 40 chilometri, attraverso le montagne, lasciando dietro di sé una serie di rilievi e incisioni nella roccia. Todra è il nome degli ultimi 600 metri dei canyon. In alcuni punti, queste gole misurano solo 10 metri di larghezza, ma le pareti sono alte più di 150 metri su entrambi i lati. Negli anni il fiume si è inaridito, ma il panorama è tale da lasciare immaginare quali fossero le potenti forze naturali che un tempo scolpivano questa regione.

Le gole, sebbene si trovino in una remota area del Marocco, sono una popolare destinazione turistica e, nel corso degli anni, sono state attrezzate con sentieri escursionistici e una strada sterrata ben mantenuta che i visitatori possono percorrere, anche se alle volte devono condividerla con muli e altri animali da soma.

La città di Tinghir è cresciuta per ospitare turisti e gente del posto che attraversava la zona con i loro beni a dorso di cammello. Tinghir, che normalmente ospita solo 36.000 residenti permanenti, raggiunge quasi 90.000 residenti nei mesi festivi. Si trova nella regione di Ouarzazate e la città è per lo più popolata da Amazigh, che è il termine preferito da molti berberi, i popoli indigeni del Nord Africa, per designare sé stessi. Si traduce approssimativamente in “persone libere” o “uomini liberi e nobili”.

Fonte: atlasobscura.com

PERDERSI A BARI VECCHIA

12 Apr 2020 In: italia

Vicoli, palazzi, corti e chiese: perdersi a Bari Vecchia è il modo migliore per assorbire il fascino della città e scoprirne la storia passo a passo.

Il nostro viaggio inizia da Piazza del Ferrarese, che da sempre segna l’ingresso nella città vecchia e da qualche tempo è divenuta il tradizionale ritrovo dei più giovani nelle calde serate estive. Pare che il suo nome derivi da un facoltoso commerciante originario di Ferrara, proprietario di vari immobili nella zona. Cercate di resistere al naturale richiamo dei freschi vicoli dirigendovi invece lungo via Venezia. La sua leggera ma costante pendenza vi condurrà molto presto verso il Fortino di Sant’Antonio Abate, uno dei baluardi dell’antica cinta muraria ancora in piedi, al pari di quello di Santa Scolastica. Da qui si continua passeggiando lungo “la muraglia” (come la chiamano i baresi) dove, grazie alla posizione sopraelevata, si gode di un paesaggio invidiabile, con i tetti della città vecchia da un lato e il mare dall’altro.

Poco prima della Basilica di San Nicola troverete, sulla sinistra, una stretta e breve scalinata, prendetela per arrivare in Strada Palazzo di Città. Era qui che vivevano le famiglie più facoltose di Bari, come testimonia la larghezza della via, decisamente più ampia rispetto alle anguste stradine nelle vicinanze. Dopo una sosta a base di focaccia barese – nella strada si trova lo storico panificio Fiore – fatevi largo tra i tanti fedeli che ogni giorno varcano l’ingresso della basilica e visitatela. Tra i gioielli da ammirare al suo interno cercate la splendida cattedra dell’abate Elia, uno dei più alti esempi di arte scultorea in stile romanico pugliese.

La Basilica di San Nicola, Bari ©Tatiana Dyuvbanova/Getty Images

Sebbene offuscata dalla popolarità di San Nicola, la vicina Cattedrale, un tempo dedicata a San Sabino, oggi all’Assunta, non può mancare all’appuntamento. Stretto dai palazzi circostanti, il tempio svetta con il suo magnifico e ampio rosone, composto da ben sedici petali. La struttura originaria, eretta in epoca bizantina, fu distrutta dal sovrano normanno Guglielmo I – detto il Malo – mentre l’edificio attuale, anch’esso in pieno stile romanico pugliese, risale al XII secolo. La Cattedrale nasconde un piccolo segreto. È un esempio di architettura solstiziale. Alle 17.10 del solstizio d’estate, il 21 giugno di ogni anno, i raggi del sole attraversano il rosone e si sovrappongono perfettamente alle geometrie del mosaico in marmo collocato al centro della navata centrale. Visitata la Cattedrale, da qui in avanti mettete da parte mappa e navigatore e lasciatevi guidare dal vostro intuito consapevoli che, comunque, finirete per perdervi tra le viuzze del centro storico. Solo così potrete apprezzare gli archi e i piccoli passaggi che collegano tra loro le strade e le piazze. Molti hanno una storia che sconfina nella leggenda, come quello delle Streghe, che pare fosse un ritrovo di fattucchiere.

La vera essenza di Bari Vecchia risiede però nelle corti, piccole piazzette chiuse su tre lati che celano gli scorci più autentici, tra lenzuola svolazzanti e vecchietti che chiacchierano in barese stretto. Cercate Corte Zeuli per farvi un’idea. Dirigetevi poi verso la parte più a nord, meno visitata dai turisti ma ugualmente ricca di fascino. Nel bastione di Santa Scolastica troverete il Museo Archeologico, che offre uno spaccato della storia di Bari dall’Età del Bronzo al Medioevo. Quando sarete stanchi del vostro vagabondare potrete scegliere se ributtarvi a capofitto tra i vicoli o ripercorrere via Venezia in senso opposto. In ogni caso, una volta tornati a Piazza Ferrarese, fate ancora qualche passo per scoprire l’attigua Piazza del Mercantile, vero e proprio salotto buono della città. Lo slargo è dominato dall’elegante Palazzo del Sedile, di origine quattrocentesca e per secoli sede del Comune. Fu poi destinato agli utilizzi più disparati, arrivando addirittura ad essere la sede di una fabbrica di materassi. A fianco del palazzo si trova la colonna della Giustizia, nota come “colonna infame”, per decenni usata come gogna cittadina. Il malcapitato veniva legato con il sedere all’aria a cavallo del leone in pietra, tuttora accucciato sotto la colonna.

L’interno della Cattedrale di San Sabino durante il solstizio d’estate © Michele Cassano

Teatri e musei di Bari

Da sempre città di vivace fermento culturale e a stretto contatto con le civiltà più disparate, Bari è un luogo dove gli appassionati d’arte saranno ricompensati da musei, teatri storici e tanti spazi espositivi tutti da scoprire.

Il lungomare Nazario Sauro è la passeggiata a mare per eccellenza dei baresi. Percorretela lasciandovi inebriare dall’intenso odore di salsedine. Giunti all’altezza del Quartiere Madonnella troverete la Pinacoteca Corrado Giaquinto, il museo di arti figurative più grande di tutta la regione. L’esposizione abbraccia capolavori di epoche molto lontane tra loro: si spazia infatti da sculture dell’XI secolo a maioliche pugliesi e presepi napoletani. Tra le opere di maggior rilievo troverete il San Pietro Martire di Giovanni Bellini e il notevole San Rocco e gli appestati di Tintoretto. Sono presenti anche alcuni quadri dei macchiaioli di fine Ottocento, tra cui spiccano alcuni lavori di Giovanni Fattori.

Tornando verso il centro cittadino, superato il Molo di San Nicola, avvisterete la bella struttura in stile liberty del Teatro Margherita. Da poco tempo si sono conclusi i lavori di restauro e oggi il Margherita ospita esposizioni temporanee ed eventi enogastronomici. L’edificio, unico nel suo genere, fu realizzato a inizio Novecento su palafitte in mare. Un espediente ardito di ingegneria a cui si ricorse per eludere l’accordo con i Petruzzelli, che vietava la costruzione sul suolo comunale di ulteriori teatri nella città che facessero concorrenza con il teatro da poco realizzato dalla famiglia: il celebre Teatro Petruzzelli. Proprio il Petruzzelli sorge poco distante, nell’elegante quartiere murattiano, al numero 12 di Corso Cavour. Durante il Novecento sul suo palcoscenico si sono susseguiti artisti di fama mondiale, prima che un violento incendio nel 1991 lo distruggesse pressoché completamente. Riaperto da dieci anni, il Petruzzelli ha impiegato ben poco tempo a tornare a essere uno degli edifici simbolo della città. Provate ad assistere a uno spettacolo durante la stagione lirica o, in alternativa, partecipate a una visita guidata per ammirarne i sontuosi interni. Da qui continuate la scoperta della parte moderna della città districandovi tra gli splendidi edifici in stile liberty tra i quali spicca il Palazzo Mincuzzi, oggi sede di un grande store commerciale.

Fonte: lonelyplanetitalia.it – Matteo Mangili

I rustici spaghi di pasta fresca erano e sono tutt’ora piatto tipico delle tavole di molte zone della provincia di Siena.

I condimenti quotidiani erano una spolverata di pecorino grattugiato (e, quando c’era, un giro d’olio extravergine d’oliva) oppure una salsa di cipolle o il sugo all’aglione o, ancora, il “sugo con le briciole” cioè con il pane raffermo grattugiato poi insaporito in padella con olio e aglio. Quelli dei giorni di festa vedevano aggiunto al pomodoro il rigatino oppure erano impreziositi da intingoli di funghi freschi trifolati, ricchi ragù d’agnello o di anatra, o sughi con uova di luccio.

In qualsiasi modo fossero cucinati i pici, rustici spaghi di pasta fresca, “lontani parenti degli spaghetti” secondo la definizione di Giovanni Righi Parenti nel volume “La cucina toscana in 800 ricette tradizionali”, erano e sono tutt’ora piatto tipico delle tavole di molte zone della provincia di Siena, in particolare Chiusi, Chianciano, Montalcino e Montepulciano, dove pare si producano i migliori.

E sono cibo familiare talmente antico, che anche il loro nome si perde in un tempo sconosciuto. Per quanto riguarda l’etimologia, infatti, ci sono diverse teorie. La prima, affascinante ma che sembra frutto di un volo pindarico più che idea avvalorata da prove, li farebbe addirittura risalire all’antica Roma, alla figura del mitico Apicio autore del “De Re Coquinaria” del primo secolo. Un’altra, lega l’origine del nome alla località di San Felice in Pincis, vicino Castelnuovo, dove pure sono tipici (“pinci” è un altro uso dialettale per indicarli). Mentre una terza ipotesi, certo più credibile, la riporta al verbo “appiccicare”, per il modo in cui sono tirati a mano.

Comunque, stando a un affresco nella “Tomba dei Leopardi” a Tarquinia, gli etruschi preparavano e mangiavano qualcosa di estremamente simile ai pici: vi è raffigurato, tra gli altri, un servo di tavola che tiene tra le mani una ciotola su cui si notano lunghi fili di pasta. Così, con buona pace della teoria di Marco Polo che avrebbe importato gli spaghetti dalla Cina, gli antenati del piatto nazionale potrebbero essere nati proprio in terra di Toscana.

Gli ingredienti non potrebbero essere più essenziali, acqua, farina di grano tenero e sale. Si procede impastando bene fino a ottenere una massa soda, poi se ne stacca una pallina per volta: da ogni pallina si crea un picio, che si ottiene tirando il “filo” tra il pollice e l’indice, nel gesto tipico di chi sta filando la lana.

E, proprio come filare la lana, anche tirare i pici era lavoro di bambini, anziani e donne che “appiccicavano a veglia” – come si legge in un altro libro di Righi Parenti “Il buon mangiare ovvero la cucina d’altri tempi”.

L’autore ci riporta col pensiero a quelle lunghe giornate di un tempo quando – in casa durante l’inverno o all’aperto sul ballatoio nella bella stagione – ci si ritrovava in gruppo e, tra una chiacchiera e un racconto, si univa l’utile al dilettevole, facendosi compagnia tra vicini di casa, lavorando ai pici, pietanza preferita, economica, gustosa, nutriente.

Per capire quanto radicati fossero i pici nella vita quotidiana, basti pensare a un vezzeggiativo usato a Siena, che adesso forse ricorderanno solo i nonni, che è “picio pane” per indicare un neonato, un bimbo paffutello, ossia la dolcezza personificata. O ancora un altro modo di dire locale, “appiciarsi”, col significato tenero, passionale e allo stesso tempo innocente, di fare l’amore. Ecco che un cibo influenza il lessico e fa parte della cultura popolare di una comunità.

Comunità che però – proprio sui nomi – a volte si divide. Si dice pici i pinci? Alcuni vi diranno che sono la stessa cosa, altri vi giureranno che si chiamano pinci solo a Montalcino, altri ancora vi spiegheranno che i pinci – con la “c” – sono dei pici il cui impasto è arricchito con uova. In realtà, si tratta di differenze dialettali difficili da spiegare. Allo stesso modo non c’è accordo sull’uso delle uova. Ognuno è libero, se crede, di ‘arricchire’ l’impasto con un paio di albumi e un tuorlo, ma la ricetta originale, che è poi la più povera, non le prevede.

Fonte: repubblica.it


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