Un museo piccolo ma carico di storie.
A New York il Montauk Point Lighthouse

IL FARO SI TROVA NELLA PUNTA ESTREMA DI LONG ISLAND, E OGGI È ANCHE UN MUSEO CHE RACCONTA SECOLI DI STORIA DEGLI STATI UNITI.

A che serve un faro? Oggi, o molto presto, quasi più a nulla. Oltre ai radar marittimi, i sistemi AIS presenti a bordo di navi con stazza da 300 tonnellate in su e su tutte quelle che trasportano passeggeri forniscono informazioni (identificazione univoca, posizione, rotta e velocità) monitorate dalle stazioni situate lungo le linee costiere o, quando si trovano al di fuori della portata delle reti terrestri, attraverso un numero crescente di satelliti dotati di ricevitori specifici. Il controllo si sta infittendo, e presto a un transcoder spento o a una imbarcazione fuori rotta potrebbero rispondere automaticamente piccoli droni in avvicinamento per la verifica dell’identità. Per quasi 200 anni però baleniere, battelli a vela o a vapore attrezzati per la pesca, il trasporto di merci o passeggeri sono transitati davanti ai fari rassicurati dal loro lampeggiare. Quello di Montauk, punta estrema di Long Island ha una storia lunga, densa e ancora di grandissimo fascino. Sorge su un piccolo promontorio dove i nativi “pellerossa” alzavano fuochi per guidare al sicuro le loro canoe; è il primo faro eretto nello Stato di New York per volontà di George Washington; intorno allo spuntone di roccia che lo ospita nasce la leggenda narrata da Steven Spielberg nel suo film forse più popolare (e quasi certamente più brutto): Jaws (1975).

MONTAUK POINT LIGHTHOUSE. LA STORIA E IL MUSEO

Ma andiamo con ordine. Dal 2012 il Montauk Point Lighthouse è divenuto un piccolo, fascinoso e un po’ disordinato museo. L’area che lo contiene in poche centinaia di metri quadrati addensa due torri, la casa dei primi custodi, una serie di locali tecnici e una scultura dedicata all’attività in quei luoghi un tempo assai pericolosa della pesca. Il faro vero e proprio di forma ottagonale è scalabile grazie a una scala a chiocciola costituita da 137 terribili gradini che raggiungono la lanterna posta a 39 metri di altezza. Alimentata con olio di balena sino al 1860, cherosene fino al 1940, poi sostituito dalla corrente elettrica, la lanterna emette un lampo visibile sino a 19 miglia di distanza con tempo limpido, 4 con la nebbia che qui è frequente e quando si alza è straordinariamente più densa rispetto a quelle a cui siamo abituati nel Mediterraneo. La frequenza del lampo al tempo dell’installazione di 10 secondi ora è stata portata a 5 – come tutti i naviganti sanno – ed è la sua carta d’identità nel buio della notte. Sotto la torre c’è la piccola casa dei Keepers – i primi guardiani civili poi sostituiti dalla US Coast Guard; oggi ospita un assortimento di documenti storici, fotografie e filmati d’epoca non sempre valorizzati come dovrebbero, come accade per l’incredibile spezzone di documentario in bianco e nero di una caccia alla balena che appare su uno schermo di pochi pollici  malamente appoggiato dentro una bacheca: la stessa dove sono ospitati gli utensili di legno e ferro utilizzati in uno degli ultimi inseguimenti condotti da riva verso il mare aperto Wainscott nel 1907. Lo specchio di acqua salata di fronte al Montaux Point d’altronde è particolarmente famoso per essere uno dei luoghi più pescosi al mondo: 32 km più al largo stazione la più grande flotta di pesca commerciale e sportiva dello stato di New York.

IL FARO DI MONTAUK. UN PEZZO DI STORIA DEGLI STATI UNITI

Nella sala principale presenta una teca contenente due documenti. Uno è firmato dall’allora Segretario di stato Thomas Jefferson: l’autorizzazione del Congresso, approvata dal presidente George Washington nel 1792, per la costruzione del faro. Il secondo, firmato dallo stesso Washington nel 1796, che autorizza l’acquisto federale di terreni dai proprietari di Montauk allo scopo di costruire un faro a Montauk Point.

Nel 1942 la US Army davanti al faro costruisce una seconda torre che avrebbe dovuto coordinare il posizionamento delle bocche di fuoco da 410 mm situate più ad est sulla costa, atte a proteggere le rotte marittime di New York. Vista dal mare, quella torre pare un mattoncino Lego bianco, ed è il simbolo della paranoia per l’invasione che colpisce spesso un popolo di invasori.

Il faro di Montauk si raggiunge percorrendo sino al limite estremo gli Hampton, la spiaggia dei newyorkesi, negli anni Ottanta ritenuta molto esclusiva: oggi assai di meno visto il numero di persone che la raggiunge durante i weekend estivi. Nello specifico il Montauk Point oggi è munito di ampio parcheggio e di una affollata biglietteria: eppure una volta superato l’ingresso rimane una location sensazionale e persino un poco inquietante. Le tribù di “pellerossa” Mountakket che occupavano questi territori videro arrivare nel 1614 gli olandesi più tardi sostituiti dagli inglesi. Gli uomini scesi dai vascelli europei iniziano quasi subito una infinita serie di compravendite terminata solo alla fine della Guerra d’indipendenza americana con gli editti di Jefferson e Washington oggi in bella mostra nella teca suddetta.

MONTAUK E STEVEN SPIELBERG

Non sono stati i soliti a sentirsi espropriati i “pellerossa” Mountakket. Così si è sentito anche Frank Mundus, il leggendario cacciatore di squali di Montauk riconosciuto come l’ispirazione prima per il romanzo di Peter Benchley (1974) poi interpretato da Roy Scheider nel film di Spielberg. Sebbene non lo abbia mai riconosciuto, Benchley era rimasto affascinato dal resoconto della cattura effettuata da Mundus di uno squalo bianco di oltre 2 quintali lungo le spiagge di Long Island. Lo stesso Spielberg del resto non utilizzò Montauk per le riprese ma Martha’s Vineyard: aveva bisogno di un posto molto isolato mentre gli Hamptons e Montauk avevano smesso di esserlo dall’inizio degli Anni Settanta.

 Fonte: artribune.com – Aldo Premoli